Etimologia del termine Yoga

Non è facile definire lo Yoga. Etimologicamente, il termine Yoga deriva dalla radice yui, “legare insieme”, “tenere stretto”, “aggiogare”, mettere sotto il giogo”, da cui derivano anche il latino jungere, jugum, l’inglese yoke. Il vocabolo Yoga serve in generale a designare ogni tecnica d’ascesi e ogni metodo di meditazione. Evidentemente, queste ascesi e queste meditazioni sono state diversamente valorizzate dalle molteplici correnti di pensiero e dai movimenti filosofici e mistici indiani. In fondo è il termine stesso di Yoga che ha reso possibile questa grande varietà di significati: se in effetti, etimologicamente, yui vuol dire “legare”, è tuttavia evidente che il “legame” cui questa azione di legare deve condurre, presuppone come condizione preliminare, la rottura dei legami che uniscono lo spirito al mondo. In altri termini: la liberazione non può avere luogo se non ci si è prima “staccati” dal mondo, se non si è cominciato a sottrarsi al circuito cosmico, senza di che non si arriverà mai a ritrovare e dominare se stessi. Anche nella sua accezione “mistica”, cioè anche nel suo significato di unione, lo Yoga implica il preliminare distacco dalla materia, l’emancipazione rispetto al mondo. L’accento è messo sullo sforzo dell’uomo (“mettere sotto il giogo”), sulla sua autodisciplina, grazie alla quale può raggiungere la concentrazione dello spirito, ancor prima di aver chiesto – come nelle varietà mistiche dello Yoga – l’aiuto della divinità.

“Legare insieme”, “tenere stretto”, “mettere sotto il giogo” hanno tutti lo scopo di unificare lo spirito, abolire la dispersione e gli automatismi che caratterizzano la coscienza profana.

Accenni sullo Yoga
A caratterizzare lo Yoga non è solamente il suo lato pratico, bensì anche la struttura iniziatica. Non si impara lo Yoga da soli è necessaria la direzione di un maestro (Guru).
Lo yogin comincia con l’abbandonare il mondo profano (famiglia, società) e, guidato dal suo guru, si impegna a superare successivamente comportamenti e valori propri della condizione umana.

Si sforza di “morire da questa vita” ed è qui che meglio si può vedere la struttura iniziatica dello Yoga. Assistiamo a una morte seguita da una rinascita a un altro modo di essere: quello rappresentato dalla liberazione, dall’accesso a un modo di essere non profano e difficilmente descrivibile, che le scuole indiane esprimono con differenti nomi: mokśa, nirvāna, asamskrta.
Inoltre, tra tutti i significati che nella letteratura indiana assume la parola Yoga, il meglio precisato è quello che gli deriva dalla “filosofia” yoga (yoga – darśana) quale viene esposta, in particolare, nel trattato Yoga sutrā di Patanjali (c. 400 a.C.) come anche nei diversi commentari ad esso.
In merito a Patanjali figura mitologica come il nostro Omero, precisiamo solo che è stato il primo a codificare il sistema Yoga attraverso 8 anga (membra) che formano il sistema Yoga: Yama e Nyama, Āsana, Prānānāyama, Prātyara, Dharāna, Dhyāna, Samādhi.

Lo Yoga è un metodo soteriologico (dottrina o idea di salvezza) con il quale l’uomo riconquista la libertà iniziale, una via che conduce l’essere umano verso il suo più autentico io.

Lo scopo di tutte le filosofie e di tutte le mistiche indiane è “Liberarsi” dalla sofferenza, superare, cioè, la condizione umana. Che questa liberazione si ottenga direttamente attraverso la “conoscenza” – come affermano, per esempio, il Vedānta ed il Sāmkya – o che essa si realizzi grazie alle tecniche di meditazione – così come affermano lo yoga e una parte delle scuole buddhiste – resta il fatto che nessuna scienza ha valore se non persegue la salvezza dell’”anima”. In India, la conoscenza metafisica dell’anima e dei “principi” ha sempre uno scopo soteriologico. Così solo la conoscenza metafisica, cioè la conoscenza delle realtà ultime, è apprezzata e ricercata; perché solo per suo tramite si può ottenere la liberazione.

Grazie alla “conoscenza” l’uomo si “risveglia”; cioè si libera dalle illusioni del mondo fenomenico. La conoscenza è il “distacco” dell’uomo dal mondo e la sua identificazione con “la sua vera anima” (purusha, ātman), che equivale alla sua identificazione con l’anima universale.