Cenni storici filosofici

Se osserviamo dati storici, culturali che caratterizzavano il contesto in cui nasceva il Sistema Yoga, le pratiche yoga erano proprie della popolazione aborigena, non aria, e che erano una sua creazione, una creazione che i maestri indoari accettarono tra fortissime resistenze, e molto tempo dopo esserne venuti a conoscenza. Che l’epopea e la letteratura medievale siano dominate da elementi yoga, non deve indurci nell’errore di credere che tali elementi siano di origine recente. Al contrario, l’essere penetrati così tardi nella letteratura sacra indoaria, conferma indirettamente la loro antichità e la loro origine prearia. Essi sono sopravvissuti segretamente, o al di fuori dei limiti della società indoaria. La tradizione Yoga si è trasmessa oralmente per secoli. La filosofia Yoga afferma che tutto ciò che è in relazione all’esperienza psicomentale è “dolore”, poiché ogni esperienza è transitoria, e tutto ciò che è transitorio è doloroso che è un leitmotiv di tutta la speculazione indiana, a partire dalle Upanishad. Tutte le scuole filosofiche e tutti i capi delle sette stabilivano come punto di partenza il dolore dell’esistenza, e cercavano la liberazione nel superamento della condizione umana. La “conoscenza” metafisica, reale, essenziale, riveste un ruolo importante nel patanjala – yoga, essendo stato preso in prestito – così come la sua dialettica- dalla vicina scuola Sāmkhya.

Tutti i concetti su cui Patanjali insiste sono caratteristici di ogni genere di yoga, in quanto tutti, in un modo o in un altro, tentano, attraverso le proprie esperienze ascetiche e le proprie tecniche meditative, di realizzare l’autonomia perfetta dell’anima, cioè la sospensione di qualsiasi attività psicomentale.
Lo scopo della tecnica yoga è proprio la distruzione (la combustione) degli stati mentali che si ottiene attraverso la sospensione della respirazione e la “fissazione” del flusso mentale. Lo yoga offre una soluzione eroica di salvezza, colui che meglio comprenderà l’immensa vanità della vita fenomenica, più ardentemente desidererà la liberazione. Il dolore e l’irrealtà della vita fenomenica sono come in ogni via ascetica o mistica, le idee – forza che sostengono lo yogin sulla via della salvezza. La “liberazione” ottenuta dallo yogin è uno stato concreto, benché al di fuori dei limiti dell’esperienza mentale normale, stato che restaura l’autonomia e la pienezza iniziale della coscienza.
Un darśana non è evidentemente un sistema filosofico, nel senso occidentale del termine (darśana = vista, visione, comprensione, sistema, punto di vista, dottrina ecc., dalla radice drś = vedere, contemplare, comprendere, ecc.). Nondimeno è un sistema di affermazioni coerenti, coestensivo all’esperienza umana, che esso cerca di interpretare nel suo insieme avendo come fine quello di “liberare l’uomo dall’ignoranza”. I darśana sono delle viste sui diversi punti del campo filosofico e sono anche dei sistemi in quanto costituiscono raggruppamenti coordinati di nozioni.

Sono inoltre delle scuole perché coloro che le seguono, il più delle volte, ne trasmettono l’insegnamento tradizionale in successione da maestro a discepolo. Lo Yoga è uno dei sei darśana, cioè dei sei “sistemi di filosofia” indiani ortodossi (intendendo come ortodossi, in questo caso, tollerati dal Brhāhamanesimo, diversamente dai sistemi eretici come il Buddismo o il Jaimismo ). Questo Yoga “classico”, quale è stato formulato da Patanjali e interpretato dai suoi commentatori, è anche il più conosciuto in occidente.

Lo Yoga Sutra rappresenta una “dottrina dell’Unione” e non costituisce soltanto una filosofia ma propone dei mezzi operativi per raggiungere lo stato di “unità isolata (kaivalya)”.

Lo Yogadarśana, o prospettazione dello Yoga, riprende la visione del Sāmkhya, secondo cui la manifestazione è il prodotto dell’interrelazione di due principi, purusa e prakrti, completandola con l’introduzione di un ulteriore principio denominato Iśvara, “l’energia cosmica”- “il Signore”, di cui il purusa e la prakrti sono aspetti polari e complementari. Tale principio rappresenta l’Essere universale nella sua inscindibile Unità che contiene in nuce le indefinite possibilità della manifestazione.